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Approfondimenti

Decorrenza della NASpI e Liquidazione Giudiziale

Il caso recentemente seguito dal nostro Studio, e che ha trovato ragione nella sentenza n. 1478/2025 del Tribunale di Milano, riguardava una Lavoratrice che si era dimessa per giusta causa, successivamente alla data della sentenza dichiarativa di liquidazione giudiziale della società datrice, non essendo il curatore nel frattempo né subentrato nei rapporti di lavoro in essere né avendo lo stesso comunicato il recesso ai dipendenti.

La Lavoratrice aveva, quindi, presentato domanda di NASpI ma l’Inps aveva respinto la sua richiesta in quanto si era rioccupata entro gli 8 giorni successivi alla data di fine rapporto, coincidente, secondo l’Istituto, con il giorno in cui la stessa aveva rassegnato le dimissioni.

A seguito della respinta anche del ricorso amministrativo, ci siamo rivolti al Tribunale di Milano ai fini dell’accertamento del diritto della nostra Assistita a percepire l’indennità di disoccupazione a far data dalla sentenza dichiarativa di liquidazione giudiziale della società già datrice di lavoro.

A norma, infatti, dell’art. 189 del Codice della Crisi, i rapporti di lavoro subordinato in atto alla data della sentenza dichiarativa sono sospesi fino a quando il curatore comunica ai lavoratori di subentrarvi, assumendo i relativi obblighi, ovvero il recesso.

Inoltre, le eventuali dimissioni del lavoratore nel periodo di sospensione tra la data della sentenza dichiarativa fino alla data della comunicazione di cui sopra, si intendono rassegnate per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 del codice civile con effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale.

Il nuovo ordinamento chiarisce (art. 189 comma V), dunque, eliminando così qualsiasi dubbio interpretativo, che le dimissioni del lavoratore durante il periodo di sospensione sono qualificate per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c. (con il conseguente diritto all’indennità sostitutiva del preavviso) ed hanno effetto dalla data di apertura della procedura giudiziale, retrodatando così la cessazione del rapporto. Più in particolare, dalla retrodatazione della cessazione del rapporto consegue che tutto il periodo di sospensione debba essere qualificato come un vero e proprio stato di disoccupazione (come di fatto lo è), proprio perché travolto dall’effetto retroattivo della risoluzione del rapporto.

Di particolare rilievo è anche l’art. 190 del Codice della Crisi perché, con riferimento a tutte le ipotesi di risoluzione del rapporto previste dal precedente art. 189 (licenziamento, risoluzione di diritto, dimissioni), sancisce il diritto alla NASpI, risolvendo così qualsiasi problema interpretativo e qualificatorio della risoluzione del rapporto durante la liquidazione giudiziale.

L’Inps, a difesa del provvedimento di diniego, ha invocato la (sua) circolare n. 21 del 10 febbraio 2023 in cui – dopo aver correttamente ricordato che le dimissioni per giusta causa rassegnate dal lavoratore hanno decorrenza con effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale, quindi, con decorrenza retroattiva rispetto alla data in cui le stesse vengono rassegnate – per quanto concerne la decorrenza della prestazione NASpI, precisa che nelle fattispecie di cui alla presente circolare la prestazione decorre: i) dall’ottavo giorno successivo alla data delle dimissioni/recesso del curatore/risoluzione di diritto del rapporto di lavoro, se la domanda è presentata entro l’ottavo giorno; ii) dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda, nel caso in cui la medesima sia stata presentata successivamente all’ottavo giorno.

In questo modo, l’Inps fornisce un’interpretazione della legge che lascia completamente sguarniti di tutela i periodi (originariamente, poi invece travolti dalla cessazione retrodatata del rapporto di lavoro ) decorrenti dalla data di apertura della liquidazione giudiziale sino al verificarsi delle condizioni risolutive del rapporto (dimissioni, risoluzione di diritto, licenziamento da parte del curatore).

Detta interpretazione, come sostenuto anche nella sentenza che ha accolto il nostro ricorso, non tiene conto della lettera della Legge nel momento in cui dimentica che, secondo le previsioni normative, la data del recesso del curatore, delle dimissioni o della risoluzione di diritto coincide con la data di apertura della liquidazione giudiziale.