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Approfondimenti

È nullo il licenziamento per causa di matrimonio: conseguenze e tutele per le lavoratrici

Il licenziamento comminato per causa di matrimonio è nullo.
La fattispecie è regolamentata dal D.lgs. 198/2006, il c.d. Codice delle Pari Opportunità, che all’art. 35 afferma: “Le clausole di qualsiasi genere, contenute nei contratti individuali e collettivi, o in regolamenti, che prevedano comunque la risoluzione del rapporto di lavoro delle lavoratrici in conseguenza del matrimonio sono nulle e si hanno per non apposte. Del pari nulli sono i licenziamenti attuati a causa di matrimonio.”
La norma prosegue poi, ponendo una presunzione legale iuris tantum a favore della lavoratrice stabilendo che: “Salvo quanto previsto dal comma 5, si presume che il licenziamento della dipendente nel periodo intercorrente dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio, in quanto segua la celebrazione, a un anno dopo la celebrazione stessa, sia stato disposto per causa di matrimonio.”
La presunzione può essere vinta solo ed esclusivamente se il datore di lavoro è in grado di provare che il licenziamento, sebbene comminato nel periodo coperto dal divieto, si fondi su uno di questi tre casi tassativamente elencati, ossia: a) colpa grave della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro; b) cessazione dell’attività dell’azienda cui la lavoratrice è addetta; c) ultimazione delle prestazioni per le quali la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per scadenza del termine.
Al di fuori di queste ipotesi, il licenziamento intimato nel periodo coperto da divieto è nullo e la lavoratrice ha diritto: alle tutele previste dai primi tre commi dell’art. 18 della L. 300/1970, come modificati dalla legge 92/2012, se è stata assunta prima del 7 marzo 2015; alle tutele indicate dall’art. 2 del decreto legislativo 23/2015 se è stata assunta dopo il 7 marzo 2015.
Entrambe le norme prevedono che la lavoratrice abbia diritto alla c.d. tutela reintegratoria piena.
Il datore di lavoro è tenuto a reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro; risarcire il danno, nella misura della retribuzione maturata dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione (l’indennità non può comunque essere inferiore alle cinque mensilità); a versare i contributi previdenziali ed assistenziali per tutto il periodo intercorso fra il licenziamento a quello della reintegrazione;
A tal proposito la sentenza n. 1266/2024 della Corte di Cassazione ottenuta dal nostro studio, ha affrontato un caso emblematico di licenziamento illegittimo comminato a una lavoratrice nel periodo di divieto indicato dall’art. 35 e segnatamente tra la data delle pubblicazioni e la celebrazione del matrimonio.
Nella su citata sentenza viene ribadito l’orientamento ormai consolidato della Corte, la quale afferma che l’art. 35 del Codice delle Pari Opportunità non mira a creare delle discriminazioni tra lavoratori e lavoratrici basate sul genere del soggetto che presta l’attività lavorativa, ma fonda la sua ratio nella “necessità di attuare delle misure legislative volte a garantire alla donna la possibilità di coniugare il diritto al lavoro con la propria vita familiare e coniugale”.
Questa tutela rafforzata si fonda su tutta una pluralità di principi costituzionali nonché sulla normativa antidiscriminatoria europea e si è sviluppata in coerenza con la realtà sociale che deve di assicurare delle tutele forti e indiscutibili per le donne lavoratrici.
In materia di licenziamento illegittimo per causa di matrimonio, la sentenza chiarisce come ciò che rileva non è l’intento – discriminatorio o meno – del datore di lavoro, bensì il dato oggettivo che il licenziamento è avvenuto nel periodo di un anno dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio cui è seguita la celebrazione dello stesso.
Nel caso di specie, infatti, a nulla rileva l’argomento della pregressa conoscenza da parte de datore di lavoro della convivenza more uxorio della lavoratrice o della potenziale fecondità della stessa.
Il licenziamento è nullo perché è stato intimato nel periodo intercorrente tra le pubblicazioni e la celebrazione de matrimonio e il datore di lavoro non è riuscito a dimostrare che il licenziamento sia stato intimato per una delle tre cause previste dalla legge.